venerdì 2 novembre 2007

Potere "vecchio"

Una coriacea stirpe di ultrasessantenni occupa oltre la metà delle poltronr, ai disgraziati sotto i quaranta restano le briciole del potere, il 5 per cento. In Italia la selezione non avviene per merito ma per cooptazione e questo allunga i percorsi. I giovani rispetto alle generazioni precedenti vedono il futuro con sfiducia e sembra che siano destinati ad una società triste, sola, nevrotica.
I problemi dello stato sociale sono nella testa e nella coda della curva demografica. Svecchiare l' Italia è una delle grandi questioni irrisolte ed è un problema di largo respiro che riguarda tutta la società.
Per quanto riguarda il ricambio in politica, nei veri sistemi maggioritari, (quelli che funzionano meglio e garantiscono l' alternanza) i leaders sconfitti vanno a casa. Qui ambiscono a ritentare perchè continuano a guidare i partiti. Senza frammentazione il ricambio sarebbe assicurato. Nella nostra società le pantere grigie ruggiscono e comandano il branco fino all' ultimo alito di vita. Sembriamo un sistema composto da tante monarchie ereditarie (per niente "illuminate"): dall' impresa alla politica, dall' università alla cultura. Il ricambio generazionale nella cosiddetta elite è molto più lento che altrove.
La questione fisiologica (l' età media italiana è 42 anni e nel 2050 sarà 52) non basta a spiegare tutto. Anche il potere imprenditoriale, come anticipato, ristagna nelle stesse mani. La stragrande maggioranza dei CDA di aziende quotate in borsa ha un consigliere in comune se non due o tre. Appartenenze e relazioni sono elementi fondamentali per accedere nelle stanze dei bottoni: un piccolo mondo chiuso.
Il mondo dell' università è un ospizio: L'età media dei ricercatori è 50 anni, quella dei laureati 27, il 42 per cento dei docenti è over 50 (contro il 27 per cento di Spagna e Germania), gli over 60 sono il 22,5 per cento (contro 13,3 e 8 per cento di Francia e Regno unito). Emerge la sensazione di inamovibilità che da il potere. In parte, la crisi del nostro sistema è figlia della nostra cultura cattolico-socialista, che ha sempre guardato con sospetto estremo la meritocrazia, siccome ha in sè un implicito meccanismo di esclusione, enfatizzando la socializzazione e l' uguaglianza. L' Italia non è un paese dove puoi "arrivare" con le tue forze: non c' è dinamica sociale, ognuno se ne sta al suo posto. Ci ispiriamo ad un modello ecclesiastico dove le gerarchie si salgono lentamente.
In Italia i vecchi hanno vinto e i giovani sono costretti a cercare autonomia e affermazione all' estero. Sempre riguardo l' università: i professori ordinari sotto i 35 anni sono pochissimi. Non c' è partita! Così si corre il rischio di non essere al passo con i tempi nella ricerca e nella mentalità generale. Di conseguenza i nostri atenei attraggono sempre meno stranieri, specie quelli dei paesi emergenti. In Germania, gli studenti provenienti dall' estero sono oltre 250 mila, di cui 26 mila cinesi. Da noi gli stranieri sono poco più di 30 mila. Che si può fare!...l' Università italiana è gerontocratica per antica e silenziosa tradizione.
Nei momenti di svolta, buoni o cattivi, le classi dirigenti italiane non sono state gerontocratiche ma giovani: si pensi all' Unità, poi al fascismo e quindi alla nascita della Repubblica. Ne dobbiamo allora dedurre che oggi siamo ben lungi da un momento di svolta? Speriamo bene!


Dal mercato dei libri arriva la controtendenza. Nel mondo della media editoriale si è assistito ad un ricambio generazionale straordinario. Non potrebbe essere altrimenti: in un settore come quello dei "consumi culturali" e della comunicazione è la novità, in larga misura, a premiare. E per captarla ci vogliono "antenne" giovani. In più la soglia d' età nell' accesso a questo mercato si è drasticamente abbassata.

Giovani di tutto il mondo uniamoci!!!

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